Buongiorno,

finita la settimana di Sanremo,
siamo nella settimana di polemiche su Sanremo.

Dopo l’intervento di Mara Venier che legge l’agghiacciante comunicato dell’ad Rai Roberto Sergio in pieno stile Istituto Luce, si è scatenata una vera e propria guerra civile social.

Che esagerazione, guerra civile!

Hai ragione, ma lasciaci l’iperbole.
Il tono col quale si discute sui social è molto aggressivo, cinico,  irridente: prendiamo a botte, schifiamo, accusiamo, ridicolizziamo, condanniamo senza appello, tutto questo fino al prossimo argomento.

Benvenutə nell’era del Post Pandemic Rudeness.


Questo è Salvatore Mangione, in arte Salvo. Trasferitosi a Torino nel 1956 dalla provincia di Enna, muore nel 2015. Il 2023 è stato l’anno dove le sue opera hanno avuto il maggior successo. Oggi ve lo presentiamo.

Durante il periodo covid moltə studiosə, sociologə, storicə, psicologə, avevano preventivato l’arrivo di una fase di rabbia, malessere, nevrosi, insoddisfazione. Non è una novità: pare che nella storia a ogni grande catastrofe sia seguita una grande depressione, dalla quale sono seguiti rabbia e malcontento sociale.

Purtroppo queste fasi spesso hanno consentito l’ascesa del potere autoritario: la creazione di un nemico, l’odio verso di esso e la conseguente deflagrazione.

Quindi è tutto già scritto? Non possiamo fare altro che attendere “l’onda alta” come canta Dargen, e farci travolgere?

Sì e no.
Arriverà l’onda alta? Sì, è già qua.
Dobbiamo soccombere? No, qualcosa possiamo provare a fare.
Anzi, qualcosa dobbiamo fare.
Obbligo? No,

dovere.

Proviamo a ragionarci partendo proprio da quel che
è successo a Sanremo.


L’approccio di Salvo al mondo dell’arte avvenne quasi per caso: da adolescente alcuni insegnanti del liceo ne notarono il grande talento come disegnatore, esortandolo a non sprecare questa dote e anzi, consigliandogli studi specifici all’accademia, che non poté seguire per difficoltà economiche.

Anche quest’anno abbiamo visto la finale tuttə insieme a Casa Fools come in un grande salotto tra amicə.
Siamo rimastə fino alle 3 di notte, chi ormai addormentatə, chi arzillə, chi completamente disinteressatə, chi in lacrime, chi in pigiama.
Una delle cose che ci ha emozionato di più in questa edizione è stato l’intervento di Stefano Massini che, insieme a Paolo Jannacci,
ha portato sul palco dell’Ariston la storia di un uomo morto sul lavoro che, dalla sua foto appesa in salotto, continua a parlare al figlio.
Il brano, in musica e versi, si chiama “L’uomo nel lampo”.

Rubrica “Chi sono questi?”
Paolo Jannacci, figlio di Enzo, è un pianista, compositore, cantante che lavora nella musica e nel teatro da 25 anni. Già stato a Sanremo nel 2020.

Stefano Massini, scrittore, drammaturgo e narratore, è l’unico autore italiano ad aver vinto un Tony Award, l’Oscar del teatro americano, i suoi testi sono tradotti in più di 30 lingue e messi in scena da Broadway alla Comédie-Française, dalla Cina alla Corea, dal Sud Africa al Cile, l’Iran, l’Australia.

Ci è piaciuto molto il loro modo di raccontare questa storia atroce e necessaria, di commuovere e muovere il pubblico, anche se a tratti in maniera un po’ retorica, ma è Sanremo dopotutto.

Ogni giorno sul posto di lavoro muoiono 4 persone,
quattro – al – giorno, SONO UNA MAREA!
Ogni santo giorno 4 persone escono per andare a lavorare
e non tornano più a casa.

Finché una cosa non ci capita vicina è difficile da comprendere profondamente, ma immagina per un attimo una persona a te cara che saluti al mattino e non vedi mai più tornare. Tutti i discorsi restano appesi, i programmi scompaiono, la presenza diventa memoria.


Salvo diede vita alla serie più distintiva di tutta la sua produzione: quella dei paesaggi. Nei suoi dipinti le forme divennero semplici e geometriche, accompagnate da tonalità cromatiche accese, abbinate fra loro in maniera anti-naturalistica.

Amadeus ha detto una cosa banale quanto sacrosanta: il diritto al lavoro non prevede la morte.

Massini ha concluso il suo discorso invitando tuttә a sviluppare l’amore per i nostri diritti, quelli che sono stati conquistati dai nostri padri e dalle nostre madri, e che dobbiamo difendere e ampliare.

Siamo d’accordo, pienamente, e questo ci ha fatto riflettere su un altro aspetto.

In questo Occidente sazio e smarrito, ci affanniamo giustamente per il riconoscimento dei diritti ma travisiamo a volte cosa questo significhi, così va a finire che ci arroghiamo il diritto di dire tutto, di fare tutto, di avere tutto.

Proviamo a ribaltare il ragionamento, andiamo contro corrente: rivendichiamo con forza e amore i nostri doveri. 

Primo fra tutti, il dovere di lasciare questo posto meglio di come l’abbiamo trovato, il dovere che abbiamo nei confronti delle generazioni future, il dovere verso gli altri esseri viventi.


Molte delle sue opere sono state acquistate da collezionisti privati e non è possibile vedere dal vivo tutta la sua produzione. Ma nell’Archivio Salvo ci sono lavori che raccontano chi fosse veramente.

La Post Pandemic Rudeness porta con sé l’idea che tutto sia inutile, un cinismo disfattista: siccome oramai siamo giunti al peggio, è inutile darsi da fare per il domani, tanto per il domani non c’è soluzione, pensiamo all’oggi, all’ora, all’adesso, al bisogno immediato.
Ci sono centinaia di cose che facciamo per soddisfare i nostri bisogni impellenti, tralasciando il fatto che hanno un impatto a lungo termine, dal fast fashion all’alimentazione.

Ma tanto io che posso fare?  Tanto poi arriva una pandemia,
una catastrofe climatica, un crollo della finanza e
tutti i miei sforzi diventano inutili.

Fare piani a lungo termine non serve più, facciamo piani brevi e pieni di bisogni da rivendicare con rabbia.

VIVA LA LIBERTÀ.


Il senso di alienazione e di attesa
trova il culmine nella sua ultima opera: Bar, realizzata nel 2015.

Secondo questa visione la Santa Libertà viene ostacolata dalle leggi.
Quindi i nostri doveri come essere umani sono direttamente collegati alle leggi che ce li impongono.
Senza imposizione, non riconosciamo doveri da sostenere.
Questa è la logica dominante, che ci porta verso una deriva pericolosa. Una logica che dimentica il valore dell’etica, della responsabilità, della solidarietà. Una logica che ci rende egoistə, indifferentə, cinicə.

Massini ha concluso il suo intervento facendo risuonare in questo teatro una parola bellissima e cioè la parola:

dignità

E la dignità vale solo se è condivisa.
Non serve lottare per la mia dignità se non ho a cuore la dignità di ogni essere vivente. Non è possibile salvarsi da solə, in nessun caso.
Solo così possiamo costruire una società più giusta,
più umana, più felice.

Un auspicio cinese dice:

Che tu possa vivere in tempi interessanti

Oggi nessuno sa bene come fare, ma moltə sentono la necessità di agire.

Iniziamo dalle cose piccole, dalle cose semplici, dal necessario.
Poi faremo il possibile e ci ritroveremo alla fine
ad aver fatto l’impossibile.


Salvo, intento a dipingere,
poco prima di morire.